Il processo di introduzione del BIM, che si pone come obiettivo la sua piena operatività negli appalti pubblici, ha ripreso vigore in Italia con il D.M. 312/2021 che ne ha ridefinito tempistiche e soglie oltre le quali il suo utilizzo diventa obbligatorio. Ciò che ha dato grande rilevanza al Building Information Modeling è il fatto che l’adozione di questa metodologia permette di condividere, combinare e collegare i dati relativi alla gestione e alla costruzione rendendo più agevole la collaborazione tra tutti gli operatori coinvolti nel processo di realizzazione delle opere, semplificando la gestione di tutto il processo produttivo del progetto rendendolo più completo ed efficace. I motivi della proroga delle tempistiche relative alla sua obbligatorietà sono sicuramente correlati alla situazione pandemica degli ultimi anni, ma il grande impatto alle ragioni del ritardo è derivato dalle forti difficoltà insite soprattutto nella fase iniziale di introduzione nel mondo degli appalti di un processo “rivoluzionario” che sia durevole nel tempo e in grado di competere anche a livello sovranazionale. L’incremento dell’efficienza nella gestione delle opere col BIM richiede, in effetti, uno sforzo iniziale anche di tipo economico che va ad impattare fortemente sulle stazioni appaltanti che hanno introdotto un c.d. “criterio premiale”, incentivante, a vantaggio di chi, partecipando alle procedure di gara, provi di essere già provvisto – a prescindere dalla sua obbligatorietà – di un sistema BIM anche in questa fase di transizione. Ciò col conseguente e indubbio vantaggio di garantire una efficienza tale del processo di gestione che consente di fronteggiare qualsivoglia tipo di imprevisto e giustifichi qualunque modifica e variante del progetto.
Tutte le iniziative gestionali e legislative degli ultimi tempi, quindi, sembrano remare a favore di una progressiva introduzione di questa metodologia alla quale stazioni appaltanti e appaltatori riconoscono un’indubbia matrice foriera di radicali e necessarie innovazioni.
